Se i padri separati vogliono fare un passo avanti, devono perdere l'equilibrio per un attimo

Jakub Stanislaw Golebiewski • giu 26, 2020

In Italia manca una cultura della separazione che porta molti genitori ad inciampare in numerose difficoltà. Fortunatamente siamo umani ma nei momenti di sconforto ci viene più facile attribuire gli errori all'altro genitore, anche quando siamo noi padri a commetterli in prima persona. 

La domanda inflazionata che si pongono tanti padri echeggia così: “...ma cosa facciamo di così sbagliato...? ”.

La separazione è sicuramente un momento doloroso e per tantissimi padri spesso si trasforma in un girone dantesco. Il cambio di prospettiva sul problema è un elemento essenziale che parecchi trascurano, scegliendo di rimanere radicati su questioni personali o di coppia e che poco hanno a che fare con la genitorialità o ancor meglio con il principio della bigenitorialità. Alla fine si tratta proprio di questo, riuscire a gestire al meglio il rapporto con i figli e soprattutto con se stessi, lavorando sull’elaborazione del fallimento di coppia e cercando di ricostruire una nuova vita partendo proprio dalla separazione, vista in questo caso come una grande opportunità per rimettersi in gioco. 
Tutto è possibile, ma come ho anticipato è necessario cambiare prospettiva, guardare la situazione con gli occhi di un bambino, meglio ancora con quelli dei propri figli, cercando di accontentare la loro volontà e i loro desideri e non soddisfare solamente il proprio egoismo da genitore. 
È un primo passo per riuscire a far quadrare i conti e gestire il nuovo ruolo genitoriale "ad intermittenza e fuori casa". Serve innanzitutto ricostruire una nuova continuità temporale, questa volta basata esclusivamente sulla qualità del tempo piuttosto che sulla quantità, evitando sicuramente sprechi e cercando di essere presenti anche senza vedere quotidianamente i propri figli. Il papà separato deve sentirsi un manager, capace di gestire al meglio il tempo investendo su di esso risorse importanti. Ce lo ha ricordato più volte Albert Einstein con queste parole "Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando". 
I bambini hanno sete di quel tempo sano e costruttivo che si riconquista con la stessa semplicità e gioia ogni qualvolta ci si ritrova assieme ai propri papà. I bambini si salutano sempre con un arrivederci e mai con un addio. 

La continuità temporale è una delle tante problematiche con cui ogni padre separato si trova a dover fare i conti e combattere. In quei momenti calma e pazienza rimangono i migliori alleati, necessari ad evitare un cortocircuito emotivo che può prendere il sopravvento portando a commettere errori, con conseguenze anche gravi nel rapporto con i figli oltre che alimentare una conflittualità con la ex partner. Nei paesi anglosassoni la questione dei papà separati è maggiormente sentita dalla società dal punto di vista normativo, vengono messe in campo misure adeguate e simmetriche tra le figure genitoriali data la persistenza di un modello familiare non più fondato sulla divisione dei ruoli secondo il genere. In Italia la questione dei padri separati purtroppo viene usata solamente come propaganda in campagna elettorale o impiegata in modo strumentale da qualche parlamentare che promette soluzioni con l’esclusivo obiettivo di appesantire ulteriormente il problema, cercando di sfamare qualche interessante lobby a spese delle famiglie già in difficoltà
 
Per semplificare l'approccio, una separazione con figli minori si può ridurre a una partita a scacchi in cui le regole non consentono di eseguire alcuna mossa che metta o lasci il proprio re sotto "scacco". La partita può terminare anche per abbandono da parte di un contendente, ovviamente con la vittoria dell'altro. I re sono i figli e bruciata la mossa del cd arrocco, sarebbe auspicabile che la partita finisca patta, in equilibrio. Sostanzialmente è quello che in molti casi avviene durante le separazioni che passano da giudiziali a consensuali per "sfinimento giudiziario" di uno o entrambi i coniugi.
Però, con la mossa dell’arrocco e nell'immediato spicca la tendenza a spingere al rialzo il costo del contenzioso, non raggiungendo un accordo con l’ex partner si trascina il processo di separazione/divorzio anche per decenni. Considerando che la legge italiana stabilisce che debba passare qualche anno prima di mettere la parola fine al proprio matrimonio in modo bonario, si può immaginare come i costi possano diventare proibitivi soprattutto con l’alternanza di mosse tattiche sul ricatto legato all’affido dei figli. Basti pensare che, secondo l'ADUC - Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori - un divorzio consensuale può costare mediamente circa 3.000 euro, mentre per quello giudiziale (che si può trascinare anche per dieci anni e oltre…) può arrivare a costare oltre i 20.000 euro in un anno. Una buona strada per evitare conflitti disastrosi è quella di ricorrere al buonsenso genitoriale, ancor prima di qualunque mediazione familiare, cercando di rimanere lucidi e consapevoli che una battaglia legale metterebbe in ginocchio la famiglia sia da un punto di vista economico che, ancor più grave, lederebbe l’equilibrio emotivo dei bambini con il rischio che possano essere prelevati e collocati in una struttura neutra. Attenzione a non trasformare semplice conflittualità in violenza, Bibbiano è riuscita a raccontarci benissimo le conseguenze di questa tragica realtà.

Cosa possiamo fare per evitare tutto ciò?
Se necessario e sull'immediato il primo passo è rinunciare ai propri diritti. D’altro canto, se è vero che la fiducia degli italiani nei confronti della Giustizia è scesa sotto il 20%, dobbiamo necessariamente tenere il sistema “tribunale” il più possibile alla larga dalle questioni di famiglia, optando per una soluzione il più possibile pacifica. Per far ciò in primis bisogna rinunciare a combattere per poter avere contatti troppo frequenti con i propri figlispesso veri e propri capricci e ripicche nei confronti dell’altro genitore. Questo non significa abdicare dalle proprie responsabilità ma rinunciare nel perseguire maldestri tentativi di compromesso perché comunque i figli hanno bisogno nelle loro vite di entrambi i genitori ma nella giusta misura. Alcuni padri ostinati si impegnano in battaglie legali lunghe e costose per poter passare più tempo con i figli e poter così dare un minor contributo per il mantenimento. Questo è stato uno degli obiettivi proposti nel disegno di legge noto come il DDL PILLON, un vero e proprio mostro di ingegneria legislativa. Se si sceglie di percorrere questa pericolosissima strada, però, bisogna aver davvero intenzione di passare il tempo guadagnato con i propri bambini, pena la perdita di credibilità e la possibilità di finire nuovamente in tribunale con il rischio di giocarsi la responsabilità genitoriale. 
Ne vale veramente la pena rischiare pur sapendo di non sostenere nel tempo l'impegno richiesto dal lavoro di cura dei propri figli minori? 

Se si arriva a rinegoziare continuamente l’affido, ponendo sempre al centro l’oggetto del contendere e mai del tutelare, affollando inutilmente i tribunali, è palese che in Italia manchi una cultura della separazione che si proietta direttamente nel quotidiano portando molti padri e madri incontro a numerose difficoltà di arrangiamento. Si parte da quelle pratiche e di carattere economico se si considera che dopo la separazione il padre è in genere tenuto a trovare un’altra sistemazione e a dover sostenere numerosi costi in più così come la mamma non lavorando non è in grado di sostenersi e deve far affidamento ad un assegno di mantenimento che fin troppo spesso non arriva. Per questo molti padri tendono a non pagare alla madre la cifra pattuita, foraggiando invece direttamente il bambino o l’adolescente per sembrare più buoni ai loro occhi. Ma si tratta di una condotta, una tattica che in genere non porta a nulla di buono se non all’esasperazione dei rapporti e al coinvolgimento costante del tribunale, di CTU, CTP, assistenti sociali e altre figure interessate al portafogli. 
Occorre invece ridurre al minimo la conflittualità anche per evitare di perdere la fiducia del figlio. I problemi quindi non mancano soprattutto per i padri che vanno incontro anche a quelli di carattere psicologico soprattutto derivanti dalla gestione dei figli. C’è soprattutto la difficoltà a prendere in carico il figlio da soli perché si è stati abituati a gestirlo coadiuvati sempre dalla madre. Un consiglio però è necessario, bisogna richiamare a se calma e pazienza e non avere paura di darsi il giusto tempo per abituarsi alla nuova situazione in modo da riorganizzare il proprio rapporto con i figli.

L’errore grave in cui molti padri inciampano è la tendenza a cercare di attirare a sé il più possibile il bambino, mostrandosi come quelli che hanno ragione, figurando come vittime di una donna e mamma inadeguata. È un errore umano, si, ma molto grave in cui occorre ricordarsi che ciascun genitore deve necessariamente contribuire al mantenimento della buona immagine dell’altro genitore agli occhi dei propri figli. Non chiamiamola più PAS o in altro modo, è un costrutto artificiale di poca importanza e per questo vorrei tornare puntando sempre al buonsenso perché demolire la figura dell’ex coniuge di fronte al bambino o dell’adolescente con parole inadeguate, significa di fatto demolire il suo universo affettivo. Nessuno ha il diritto di distruggere gli affetti dei propri figli. 
Da papà separato con tre figli minori concludo che nonostante le difficoltà economiche è fondamentale che un papà abbia una propria casa, un alloggio tutto suo dove poter passare del tempo di qualità con i propri figli e dove poter continuare a condividere la quotidianità, cogliendo ogni tanto l’occasione per andare a trovare i nonni senza però parcheggiarli scomparendo completamente dalla circolazione e dalle loro necessità. 
Non è fantascienza, è solo un primo passo per costruire una sana e robusta bigenitorialità perchè per ogni minuto che passiamo in preda alla rabbia, perdiamo sessanta secondi di felicità.

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