Il "patriarcato" di chi lavora e rischia di morire lavorando
Octay Stroici, operaio di 66 anni, è morto sul lavoro, sacrificio ignorato da chi celebra un patriarcato ideologico e vuoto; è ora di riconoscere il valore e la dignità di chi lavora rischiando la vita.

In un paese in cui molte donne inneggiano a un patriarcato fatto di privilegi e potere, c’è un patriarcato ben più crudo e invisibile: quello degli uomini come Octay Stroici, operaio di 66 anni, morto sotto le macerie di un cantiere a Roma mentre cercava di guadagnarsi da vivere.
Mentre alcune si pavoneggiano celebrando vantaggi inesistenti o alimentando guerre ideologiche di comodo, lui lottava ancora con le unghie e con i denti in un lavoro che gli consumava la vita per dare dignità alla sua famiglia. Le sue urla disperate, sepolto a due metri di profondità tra macerie e polvere, sono il grido che nessuno vuole sentire nei salotti comodi di chi pontifica sul “patriarcato” come una favola astratta. Octay non era un oppressore, ma un uomo schiacciato da un sistema che non protegge i suoi lavoratori anziani, che manda a morire chi rischia ogni giorno la pelle per il salario con cui sostenere moglie e figli.
Le donne che applaudono il patriarcato di certi salotti ancora oggi dovrebbero guardare a questa realtà: un uomo distrutto dal lavoro, solo, sepolto da macerie che hanno strappato via anche il suo respiro. Se davvero vogliono parlare di potere, comincino con il rispettare e tutelare chi rischia la vita per il sostentamento, anziché perpetuare retoriche vuote e lontane dalla sofferenza reale.
Octay è il patriarcato vero, fatto di sudore, dolore e sacrificio, non di privilegi o imposizioni ideologiche cieche. Non chiediamo lacrime e commemorazioni vuote, chiediamo giustizia, sicurezza sul lavoro e rispetto per chi muore lavorando mentre altri festeggiano il nulla.
Solo così si può davvero ripensare il patriarcato, dando voce e tutela a chi, come Octay, ha già pagato il prezzo più alto.
 
 
 
 


