Separazioni e ingiustizie: negazione del diritto alla genitorialità

Maurizio Caricato • giu 08, 2023

L'ombra della presunzione di colpevolezza e il danno inflitto ai figli minori

In un sistema giudiziario perfettibile che dovrebbe garantire equità e protezione per tutti, emerge una realtà allarmante ovvero la pratica ormai troppo diffusa nella maggior parte dei casi di separazione, di alcuni genitori di denunciare (stranamente sempre dopo la separazione) i propri ex per i reati più “alla moda”, cavalcando l’onda della suggestionabilità per cui, sempre più spesso tribunali e giudici sembrano dare per scontata la colpevolezza dei padri accusati ingiustamente di violenza domestica, stalking e chi più ne ha più ne metta. Padri perchè le statisctiche non possono essere messe in discussione.


Questa presunzione di colpevolezza sconvolge il principio fondamentale della presunzione di innocenza, privando di fatto molti padri del loro diritto alla genitorialità e infliggendo danni irreparabili non solo a loro, ma anche ai loro figli e, se è vero che i giudici si limitano ad applicare le norme come delle macchine senza alcuna indagine e valutazione approfondita magari con l’aiuto di psicologi qualificati, è vero anche che bisogna soffermarsi sul fatto che una “madre” che per desiderio di vendetta si prodiga a rovinare un padre, tanto amore per i figli non ha…!


È importante sottolineare che molti padri coinvolti in questi casi sono dei padri modello, che si preoccupano profondamente del benessere dei loro figli. Nonostante ciò, si trovano spesso in una situazione ingiusta e vessatoria. Le donne, concentrate unicamente sui vantaggi economici che possono derivare da una condanna, anche se basata su false accuse, talvolta coltivano un desiderio di vendetta nei confronti dell'ex partner. Questo atteggiamento vendicativo mina gravemente la possibilità di instaurare una genitorialità condivisa e serena, danneggiando sia i padri sia i figli coinvolti.


Un altro aspetto che merita attenzione è la questione della "conflittualità" che spesso si manifesta in casi di separazione.


Purtroppo, questa parola viene utilizzata indiscriminatamente, come se fosse un fenomeno generalizzato. Tuttavia, è importante riconoscere che spesso la conflittualità nasce principalmente da parte delle donne, supportate da avvocati e avvocate che, anziché perseguire l'interesse superiore dei figli, si concentrano sui propri interessi economici, orchestrando processi lunghi e complessi che producono profitti maggiori per loro stessi. Il più delle volte si tratta di gratuiti patrocini che necessitano, per creare profitti, di una quantità enorme di reati e processi derivanti…tanto paga Pantalone!


La situazione richiede una profonda riflessione e un'azione correttiva da parte del sistema giudiziario in merito alla disciplina di tanti operatori di giustizia che agiscono fuori dalla cornice deontologica. 


Se ci fosse un'attenta indagine su ogni caso, anche perché un leggero sospetto dovrebbe balenare nella testa dei giudici che si vedono arrivare decine di denunce per maltrattamenti collegate ad altrettante separazioni, potrebbe essere utile punire chi attiva il sistema giudiziario per vendetta o per ripicca o per mero interesse economico. Si eviterebbero processi costosi inutili e soprattutto si eviterebbe di far perdere la dignità e la serenità a persone per bene che, invece, sono costrette a spendere migliaia di euro in avvocati per difendersi da reati mai commessi e soprattutto si eviterebbe ai figli dei separati il supplizio di una separazione “conflittuale”, conflittuale perché alla fine la donna accusa ingiustamente ma i tribunali le assecondano e un uomo deve per forza di cose difendersi per evitare il carcere (previsto in questi casi).


Non è conflittualità, è sopravvivenza!


È fondamentale garantire che ogni caso di separazione venga affrontato con equità, tenendo conto delle prove concrete e delle testimonianze affidabili, invece di basarsi su stereotipi o preconcetti che presumono la colpevolezza dei padri che di fatto entrano in aula già condannati.

Personalmente ho assistito in Tribunale ad una parata di testimoni imboccati da avvocati che hanno prodotto testimonianze esilaranti e completamente prive di fondamenta, totalmente inaffidabili in quanto legati da parentela con la presunta parte lesa.


È essenziale che i tribunali e i giudici siano consapevoli della complessità delle dinamiche familiari e si impegnino a valutare obiettivamente le situazioni, tutelando il diritto dei figli a mantenere un rapporto significativo con entrambi i genitori, a meno che vi siano circostanze eccezionali che mettano in pericolo il loro benessere. Bisognerebbe pensare alla radiazione di avvocati che per i propri interessi istigano donne a denunciare i propri ex promettendo vittorie profittevoli.


Bisognerebbe pensare seriamente, dopo un vero e proprio calvario giudiziario, alla riabilitazione della dignità di un uomo ingiustamente accusato e questo, credetemi non avviene con il pagamento di danni morali. I soldi non ti restituiscono la serenità perduta.


Solo attraverso un impegno concreto per correggere queste ingiustizie e promuovere un sistema giudiziario equo, potremo garantire che i padri non vengano privati del loro diritto alla genitorialità e che i figli possano crescere in un ambiente sano e amorevole, circondati dall'affetto di entrambi i genitori.


È tempo di porre fine a questa grave violazione dei diritti umani e di ripristinare la fiducia nella giustizia familiare e promuovere una maggiore consapevolezza sociale sul tema incoraggiando una cultura del dialogo e della cooperazione tra genitori separati. La mediazione familiare e le risorse di supporto possono svolgere un ruolo chiave nel favorire un approccio collaborativo atto a proteggere gli interessi dei figli, evitando che siano coinvolti in dispute legali dannose.


di Maurizio Caricato

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